VIII Conferenza Nazionale della Società Italiana degli Urbanisti
Mutamenti del contesto e ambivalenze dell'urbanistica

La VIII Conferenza SIU è l'occasione per riflettere sui mutamenti che stanno avvenendo nel territorio italiano e sulle nuove forme che tendono ad assumere pratiche e strumentazioni urbanistiche.
Le relazioni che intercorrono tra mutamenti territoriali e innovazioni disciplinari sono tutt'altro che scontate. Anzi, proprio questo è il nodo problematico che ci interessa approfondire nella Conferenza, che mette a confronto una grande varietà di interpretazioni con l'auspicio di contribuire ad una migliore comprensione complessiva delle poste in gioco e delle sfide per il futuro.
Mutamento e innovazione non è certamente un tema nuovo per l'urbanistica italiana, né tanto meno per la nostra Società che nel passato è stata il teatro anche di vibranti confronti tra autorevoli rappresentanti del mondo dell'urbanistica e del planning.
Ma la nostra impressione è che le condizioni stanno ancora cambiando, e ormai si riesce ad intravvedere più distintamente i contorni di una nuova domanda di governo del territorio a cui noi tutti siamo sollecitati a rispondere, assumendoci tutta la responsabilità dell'accettare o evadere i termini di un confronto che sembrano esserci imposti dall'esterno piuttosto che da una evoluzione endogena dei nostri quadri disciplinari.

Non si tratta soltanto di prendere in carico le conseguenze di una intensa stagione ricca di "prove d'innovazione", in particolare con i nuovi strumenti di programmazione negoziata e di progettualità integrata del territorio che hanno spiazzato un dibattito ormai asfittico sulle forme del piano, rompendo i recinti della autoreferenzialità e mettendo a nudo i limiti di una urbanistica ancora troppo orientata verso il governo della rendita fondiaria.
Né si tratta soltanto di apprendere dalle nuove condizioni che nascono dalla Unione Europea, e che inducono a lavorare con una molteplicità di scale di intervento rimettendo in gioco le tradizionali articolazioni di competenze nella prospettiva della territorializzazione dell'azione pubblica. E che soprattutto rendono problematici i rapporti tra attori istituzionali di livello comunitario, nazionale, regionale e comunale spingendo verso inedite forme di sovranità territoriale condivisa, a cui il nostro sistema di governo sembra ancora poco preparato culturalmente prima ancora che operativamente.

Altri ancora sono i segnali di cui tenere conto. Le spinte in corso verso un drastico ridimensionamento dell'area dello Stato nel governo dell'economia e del territorio, con una sostanziale ridefinizione delle politiche del welfare che aprono al mercato indebolendo le garanzie di accesso ai servizi indispensabili. Esperimenti rischiosi come la realizzazione in project financing spurio del Quadrilatero infrastrutturale Umbro-Marchigiano, potenzialmente innovativo ma anche dagli effetti dirompenti rispetto alla nostra tradizione imperniata sul primato urbanistico degli Enti locali. Le inquietanti scelte di trasferimento a società concessionarie a statuto privatistico di poteri di intervento sul territorio abitualmente a carico delle amministrazioni pubbliche, che stanno portando ad un progressivo esautoramento di ministeri consolidati e molto spesso anche delle Regioni.
Questi e altri sintomi non meno preoccupanti ci dicono che in Italia è oggi in piena evoluzione tutto il sistema delle regole del gioco, con esiti che sono ancora imprevedibili ma che richiedono un ripensamento più generale delle condizioni del fare urbanistica, alla luce dei mutamenti che stanno avvenendo nella nostra società e che ancora attendono di essere compiutamente concettualizzati.

Proverò a richiamare sinteticamente alcuni di questi processi in atto, per risalire poi alle sfide che questi pongono all'urbanistica e alla innovazione degli strumenti di pianificazione, che abbiamo proposto come temi della Conferenza. La tesi che intendo sostenere è che ciò che occorre davvero all'urbanistica per ritrovare una sua tensione riformistica da tempo perduta non è tanto la capacità d'iniziativa legislativa, quanto la sua creatività nell' immaginare nuove forme d'azione commisurate alle sfide che nascono dai mutamenti in atto. Sapendo che sono andate in crisi le forme tradizionali, che ormai non garantiscono affatto il controllo sulle trasformazioni dello spazio. E che per contro meritano attenzione i recenti esperimenti di innovazione degli strumenti di pianificazione urbanistica e soprattutto di progettazione integrata, per quanto limitati e provvisori possano apparire nella attuale congiuntura che non ha portato ancora a sedimentare pratiche realmente alternative.


Intendo avanzare anche una seconda tesi, assai più discutibile e tuttavia a mio avviso in grado di stimolare nuove ipotesi interpretative e nuovi percorsi di ricerca. A me pare che l'atteggiamento più fertile nel rimettere in discussione i quadri concettuali della nostra disciplina sia oggi quello dell'ambivalenza, come teorizzato da Ulrich Beck in tutt'altro contesto. Al dualismo dell'aut-aut dovremmo cioè preferire la indeterminazione dell'e, la propensione alla coesistenza, alla molteplicità, alla incertezza, alla inclusività, in una situazione in cui "ci si trova continuamente a scegliere senza poter pretendere che siano soluzioni definitiva". Una situazione in cui due diversi "codici vengono applicati gli uni agli altri, dando forma ad un né l'uno-né l'altro, ad un terzo codice nuovo che rende possibile e duratura la novità" (Beck, 2001).

Oggi ad esempio osserviamo un' urbanistica arroccata su contrapposizioni paralizzanti, come quelle che emergono tra ortodossi e deregolamentarori, tra tutori del piano e fautori del progetto, tra cultori dello zoning e simpatizzanti delle politiche, tra urbanisti autoreferenziali ed eteroreferenziali.
Invece dovremmo aprirci verso un' urbanistica autoriflessiva, ambivalente, in grado di argomentare criticamente lo sgretolamento dei valori guida della modernità ma capace anche di stimolare la formulazione di nuovi valori più aderenti alla contemporaneità, ben sapendo che sono sempre in agguato le spinte alla contromodernizzazione con il ritorno ai paradigmi obsoleti del passato (come recentemente ci capita sempre più spesso di ascoltare, anche negli ambienti più insospettabili: meglio un piano rigido e ineffettuale, di mero controllo degli usi del suolo, ma costruito nel confronto democratico tra governo e opposizione, piuttosto che questa nuova urbanistica flessibile, fatta per progetti e accordi pubblico-privato discrezionali, che tagliano fuori la partecipazione e la trasparenza nella mobilitazione degli interessi locali).

Dunque apprendimento dai processi in atto, riforma della razionalità urbanistica a partire dal potere correlativo dell'e invece che dalla radicalizzazione oppositiva degli o-o, nuove combinazioni tra territorio, economia, società e politica generate attraverso le fusioni dei rispettivi orizzonti problematici e operativi. Sono queste le chiodature concettuali alle quali credo che dovremmo ancorare la discussione sullo stato e sulle prospettive della nostra disciplina, muovendo dalla ricerca sui mutamenti in corso e dalla riflessione critica sulle loro conseguenze, per capire cosa succede quando si affievoliscono i valori guida dell'urbanistica moderna e trarne le conseguenze.
Ma prima di entrare nel merito di questi temi proposti alla Conferenza, può essere utile rievocare alcuni mutamenti epocali del contesto che offrono un nuovo sfondo alle nostre riflessioni disciplinari.

Mutamenti di contesto
Sappiamo che il nostro tempo è segnato dai profondi quanto repentini cambiamenti strutturali che stanno avvenendo nella società e nella economia. Una nuova territorialità emerge intanto che prende corpo una diversa struttura sociale, la network society, che genera legami innovativi di appartenenza sociale e che al tempo stesso consente di sperimentare - almeno nei Paesi più avanzati - una singolare condizione di libertà individuale (Castells, 2002).
Net e self sono i mondi che stanno riplasmando le nostre vite e i nostri spazi, combinandosi tra loro secondo una varietà di modi che riflettono il mutevole incontro o scontro tra le logiche delle reti e quelle dell'autorganizzazione locale.
NET, le nuove tecnologie di comunicazione interindividuali e interculturali, insieme a SELF, la affermazione di microindividualità autocentrate, si accompagnano al dissolvimento delle categorie canoniche di cittadinanza, di interesse comune e di appartenenza al luogo. In effetti oggi siamo in difficoltà nel precisare ciò che intendiamo per interesse generale e per interesse pubblico. Ciò che appartiene alla sfera dello Stato e a quella locale, il trattamento delle differenze, il ruolo del mercato e del welfare, il ruolo stesso della proprietà privata, il senso delle identità comuni a fronte di quelle individuali.
Stanno cambiando così alcuni riferimenti di fondo che hanno ispirato fino ad oggi le strategie dell'urbanistica e della pianificazione territoriale nell'epoca della modernità.
Quali sono le trasformazioni più rilevanti del contesto? Ne richiamerò solo alcune che mi appaiono importanti per riflettere sulle nuove sfide a cui è chiamata l'urbanistica e il planning.

  • Tutto si sta facendo metropoli
    I confini tra città e non città si vanno facendo sempre più labili. Dappertutto si intersecano flussi di informazioni e di merci. L'accesso ai consumi quanto alle reti pervade territori sempre più ampi, e sempre più eguali per le tendenze alla omogeneizzazione dei mercati e dei comportamenti dei consumatori.
    Ciò che nel passato era una località, la città, ora è diventata soprattutto un marchio, un logo. La metropoli non è più una località chiaramente identificabile. Sta diventando un campo di relazioni urbane, un insieme di attività che coesistono piuttosto che una struttura fisica (Mulder, 2002).
  • Oltre la proprietà, l'accesso
    Nella nuova economia, i mercati tradizionali stanno cedendo il passo alle reti, e la proprietà verrà progressivamente sostituita dall'accesso (Rifkin, 2000). Sempre meno venditori e compratori, sempre più fornitori e utenti. Dalla produzione industriale ci si muove verso la produzione di quei servizi che offrono accesso ad esperienze culturali. La vita stessa dell'individuo sta diventando terra di conquista del nuovo mercato, interessato a commercializzare una vasta gamma di esperienze individuali più ancora che beni e servizi prodotti industrialmente. Turismo, tempo libero, parchi e città a tema, centri di loisir e di benessere, moda, civiltà del gusto, sport, intrattenimento televisivo o elettronico.Sono queste le nuove frontiere della economia dell'esperienza che mette in gioco pesantemente le risorse del territorio, snaturando significati sopravvissuti anche all'industrializzazione fordista e creando territori sempre più eguali.
  • Destrutturazioni, riconfigurazioni
    Disgiunzioni. Sconnessioni. Riconfigurazioni. Viviamo in un'epoca di destrutturazione crescente di quelle interdipendenze che nel passato hanno tenuto insieme cultura, economia, politica, territorio, progetti individuali e progetti collettivi.
    Mondi autistici dal potere crescente generano intorno a sé luoghi desertificati. Forme di vita sempre più individualizzate fluttuano disancorate da ciò che le circonda. Nei territori metropolitani, recinti funzionali dai confini sempre più marcati e reti lunghe di servizi che scardinano le appartenenze della fisicità si mescolano tra loro, si scontrano, si confondono, si separano di nuovo. Nascono paesaggi ibridi, dove isole di iperconcentrazione e sacche di riflusso si compongono in modo frammentario e aleatorio, e lasciano dietro di sé pezzi e detriti che attendono di venire prima o poi reimmessi negli imprevedibili circuiti del consumo contemporaneo.
    La nuova città riflette la geografia aleatoria dell'incontro tra reti e luoghi. Ma si comporta come un sistema instabile, che evolve sempre più in fretta, alternando imprevedibilmente stati di distruzione dell'esistente e di organizzazione di nuovi assetti.
    Nelle città italiane questi processi stanno avvenendo in modo silenzioso e spesso invisibile, generalmente senza progetto. Eppure il cambiamento è profondo, e il nostro modo di abitare il luogo e il tempo si sta facendo contemporaneo, nonostante il forte peso della tradizione e le infinite resistenze dei localismi.
  • Netscape
    Sotto l'incalzare delle reti che hanno il potere di disgiungere le distanze del tempo da quelle fisiche, e intaccano a fondo la sovranità del territorio-area, si sta modificando il nostro modo di esperire lo spazio. Dobbiamo trovare altre rappresentazioni, che ci aiutino a figurarci meglio lo spazio delle reti.
    Tutta l'architettura e l'urbanistica della modernità sono rimaste ancorate all'immagine di reti che collegano tra loro aree distinte, magistralmente incarnata dalla immagine lecorbuseriana della irrigazione del territorio attraverso le differenti vie di terra, d'acqua e d'aria.
    Ma oggi il territorio delle reti lascia il campo un vero territorio-rete, dove ciascun polo si definisce come punto di incrocio e di commutazione di reti multiple, nodo di densità dentro una gigantesca intersezione di flussi che è una realtà altrettanto concreta, anche se rappresenta una sfida alla immaginazione (Veltz, 1996).
    Questo nuovo territorio appare assai più difficile da cogliere, da concettualizzare e da rappresentare. L'incontro (e lo scontro) tra i territori-rete e ciò che resiste dei territori-area diventa la posta in gioco del progetto, il conflitto da elaborare per offrire risposte commisurate alle nuove condizioni della contemporaneità.
  • Selfscape
    Infatti lo spazio non è incrocio di mobilità e condensazione di flussi elettronici. E' anche espressione di una identità locale che si alimenta della fisicità delle esperienze, della materialità dei modi di abitare il quotidiano, della capacità di auto-organizzare i propri cammini dello sviluppo. E' l'espressione di una identità popolata da una moltitudine di individui che resistono all'affermarsi di uno spazio liscio, illimitato e sempre eguale proprio in quanto la globalizzazione esaspera per contrappunto il bisogno di affermazione delle individualità locali. L'esplosione della libertà individuali di agire all'interno dei territori metropolitani sta modificando radicalmente le forme e il senso della città contemporanea. Dilagano i microprogetti individuali, intanto che collassano i legami che trasformano le scelte individuali in progetti e in azioni collettive, e le connessioni tra politiche della vita condotte individualmente da un lato e le azioni politiche della collettività dall'altro (Bauman, 2000).
    Al protagonismo delle microindividualità autocentrate fa riscontro un territorio urbanizzato in forma estensiva, villettopoli, povero di luoghi della socialità e snaturato nei suoi spazi pubblici.
    Però un territorio a suo modo più democratico, dove la forma del costruito riflette sgradevolmente un'etica e un'estetica che è figlia del contemporaneo.

Sfide
I mutamenti evocati, come i molti altri che emergono dalle ricerche in corso, chiedono all'urbanistica di essere "rimessa a squadro", per usare la felice espressione di Bagnasco applicata alla organizzazione locale della società sottoposta alla asimmetria dei flussi globali di capitali, beni, persone, tecnologie, informazioni e immagini.
In particolare a me sembra che almeno tre siano le sfide prioritarie che chiedono di mettere a squadro l'urbanistica italiana : come rendere più efficaci le forme di governo del territorio; come adattarsi alle condizioni di incertezza e di insicurezza imposte dalla nuova economia; come migliorare la qualità delle prestazioni disciplinari, oggi assolutamente insoddisfacente soprattutto sotto il profilo dei progetti e delle attuazioni.

  • Forme di governo del territorio
    L'istanza di migliorare l'efficacia delle regole e degli strumenti di governo del territorio proviene soprattutto dalle Regioni, che si sono trovate a ridefinire il proprio quadro normativo sotto il vincolo di una legislazione nazionale tuttora ferma alla legge urbanistica del '42.
    Per la verità non tutti sono d'accordo nel riferire la riforma legislativa all'insieme degli atti di governo del territorio. Come è emerso nella II Conferenza nazionale del Territorio di Caserta, posizioni autorevoli del mondo dei giuristi preferiscono infatti assumere una accezione riduttiva del concetto introdotto nel nuovo art.117 del Titolo V della Costituzione, limitandola all'urbanistica e all'edilizia, con l'aggiunta dei lavori pubblici d'interesse locale. Ma a noi sembra senz'altro più ragionevole intenderla in modo più estensivo, come fa Paolo Urbani che interpreta l'art.117 come "disciplina del territorio sotto l'aspetto dei diversi usi del suolo ai fini della loro governabilità che implica un'azione coordinata ed equilibrata rispetto ai diversi interessi in gioco".
    In questa prospettiva c'è molto da fare per comporre le strategie dei diversi attori istituzionali e privati che concorrono alle trasformazioni. Richiamando le risultanze della Conferenza del Territorio, potremmo affermare che " le nuove regole che dovrebbero presiedere allo sviluppo delle relazioni interistituzionali dovrebbero ispirarsi al modello di una governance multilivello e aperta alla cooperazione pubblico-privato. Con una precisazione: che in alcune situazioni di rilevante interesse comune, è indispensabile riaffermare il primato del governo pubblico, attribuendo specifiche responsabilità alle amministrazioni titolari delle competenze sancite per legge. In generale si può affermare che un buon governement è premessa indispensabile per la efficacia della governance".
    Insieme alla riarticolazione della coppia government-governance, la innovazione più significativa, che modifica anche il modo di intendere l'urbanistica oltre che i comportamenti degli attori istituzionali, riguarda la combinazione flessibile delle strategie di programmazione dello sviluppo locale con quelle di organizzazione degli assetti territoriali e urbani. E' proprio alla confluenza di queste diverse prospettive di intervento sul territorio che può prendere forma un "codice che non è né l'uno né l'altro, ma che diventa un codice nuovo", come sostiene Beck a proposito della utilità dell'ambivalenza.
    Una progettazione territoriale integrata, capace di coniugare urbanistica, ambiente, opere pubbliche, economia, welfare, sostegno alla occupazione, è ormai alla nostra portata, come emerge dagli esperimenti in corso soprattutto con i programmi Urban e con i PIT per le regioni "Obiettivo 1". Ma è una innovazione rischiosa, che costringe a rimettere in discussione quadri concettuali consolidati e divaricazioni disciplinari altrettanto ben radicate. Gli urbanisti sono pronti a questa scommessa? O preferiscono passare la mano ad altre figure, più esperte nel praticare la programmazione strategica e la territorializzazione delle politiche dello sviluppo?
  • Incertezze, insicurezze, rischi
    Più sfuggente è la domanda di tutela della coesione sociale in un'epoca che - come osservato da Bauman e altri studiosi della modernità - tende decisamente alla fluidità e alla flessibilità dei processi di valorizzazione del capitale economico, con pesanti ripercussioni sulla riproduzione dei capitali sociali locali e sulla tenuta dei sistemi di azione collettiva che nel passato legavano azioni individuali e progetti comuni.
    Di certo, flussi globali di beni, capitali, persone, immagini, idee attraversano i luoghi secondo traiettorie che si compongono di volta in volta e che rendono difficilmente prevedibili le conseguenze sul territorio e i rischi per la società (Appadurai, 2001). Ma i processi di destabilizzazione connessi alla nuova economia agiscono diversamente dove si scontrano con le resistenze di una società locale capace di autoaffermazione e intenzionata a riposizionarsi competitivamente sui grandi circuiti gobali. Come sostiene Bagnasco, "le capacità auto-organizzative della società sono risorse cruciali per la gestione e la regolazione dell'economia contemporanea, da conservare e da potenziare", cosicché i sistemi regolativi "devono essere pensati come mix di meccanismi di mercato, di regolazione politica e di auto-organizzazione sociale" (Bagnasco, 2003).
    Si richiede dunque alla urbanistica di contribuire alla rigenerazione del capitale sociale, con dispositivi che favoriscono lo sviluppo concertato e la formazione di idee condivise sul futuro del territorio. Pur agendo in controtendenza rispetto alle tendenze sopra richiamate, si tratta di ritrovare i nessi che possono ricombinare o trasformare le scelte individuali in azioni collettive, cercando di ripopolare lo spazio dell'incontro e del negoziato verso il bene comune nonostante la apparente irreversibilità dei processi di disintegrazione della rete sociale e di crisi delle istituzioni di azione collettiva.
    In questa situazione è indispensabile ridefinire gli statuti della progettualità, ricorrendo alle forme dell'agire dialogico e del mutuo apprendimento, che meglio consentono di dare sbocco positivo ai processi di costruzione delle scelte. Il progetto può diventare così uno strumento del negoziato, dei significati quanto degli impegni che i diversi attori assumono come riferimento al proprio agire.
    Al tempo stesso, l'accorciamento dei tempi inevitabile in un mondo dal futuro indistinto e nebuloso, spinge a costruire accordi negoziali di rapida attuabilità. Agende strategiche e contratti diventano gli strumenti privilegiati per far convergere l'azione dei diversi soggetti su iniziative condivise e per quanto possibili coerenti con i quadri della pianificazione fisica.
  • Qualità dei progetti
    Riconoscere al progetto un nuovo statuto come costruzione cooperativa di contesti comuni non equivale a sottovalutarne la sua missione costitutiva di configurazione fisica degli spazi secondo le tradizioni proprie dell'urbanistica. Piuttosto, significa esaltare le sue potenzialità di contribuire alla costruzione di situazioni decisionali complesse attraverso un processo di "negoziato di significati" che dovrebbe condurre ad incorporare fin dall'inizio valori morfologici e razionalità degli attori all'interno di una strategia di azione territorializzata e condivisa intersoggettivamente.
    Alla luce di questa prospettiva, diventa quanto mai importante riproporsi l'obiettivo di una adeguata qualità dei progetti per la città e per il territorio. Sappiamo che la qualità è l'esito riuscito di una complessa combinazione delle dimensioni morfologico-funzionali con quelle di efficacia del procedimento amministrativo, di fattibilità economico-finanziaria e di sostenibilità ambientale degli interventi. E sappiamo anche che il giusto dosaggio delle diverse componenti deve essere rinviato ad una soluzione ogni volta appropriata rispetto al contesto, non potendosi definire aprioristicamente.
    Ma una riflessione sulle recenti vicende dei progetti urbani e territoriali induce a concentrare la attenzione su una doppia sfida a cui riferire il tema della qualità nella attuale situazione italiana. Da un lato, la domanda di progetti in grado di governare programmi di crescente complessità, come i Progetti Integrati Territoriali, i Contratti di Quartiere, i programmi Urban, i PRUSST, Programmi di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territorio. Dall'altro lato, la domanda di "progetti in grado di affrontare il confronto con il banale, con il quotidiano, con ciò che potremmo definire il grado zero della scrittura progettuale". Sullo sfondo, la convinzione che il progetto della città contemporanea, se vuole avere presa sui processi di mutamento in corso, deve saper combinare creativamente l'esuberante proliferazione dei microprogetti individuali e la inevitabile selettività dei progetti ordinatori di rilievo urbano e territoriale, sperimentando nuove occasioni per modulare positivamente la cooperazione interistituzionale, sociale, disciplinare.

L'apporto della SIU
Le attività in programma della SIU intendono misurarsi attivamente con le questioni e le sfide richiamate brevemente in questa mia introduzione.
Da tempo la nostra Società sta lavorando sulla interpretazione dei mutamenti in corso nel territorio e nel paesaggio, interrogandosi liberamente sulla capacità degli urbanisti di intercettare i nuovi processi al loro stato nascente, e di saper innovare tempestivamente forme e strumenti per l'azione.
In particolare il tema che fa da sfondo alle attività del biennio 2003-04 è proprio l'attitudine degli urbanisti a misurarsi con i mutamenti in corso nel nostro Paese, in una fase come si è detto di profondo rimescolamento delle forme insediative, delle strutture economiche e sociali, e delle stesse istituzioni di governo del territorio che sembra mettere in crisi le pratiche tradizionali del piano e della programmazione degli investimenti pubblici.
E' il tema del resto che viene proposto alla Conferenza di Firenze, e che verrà esplorato intersecando i molteplici percorsi della ricerca applicata con le riflessioni degli urbanisti più influenti, chiamati a dare conto delle "prove d'innovazione" e delle loro possibili ricadute sulle pratiche e sulle strumentazioni disciplinari.
Ma è anche il tema di un riuscito seminario nazionale preparatorio tenuto a Bari, mettendo a confronto urbanisti, economisti, sociologi, architetti, ingegneri e amministratori. Qui era in discussione l'apporto degli urbanisti alla cultura delle riforme per il Mezzogiorno, in un momento in cui sembra riscoprirsi - almeno nelle intenzioni - l'importanza del territorio e delle città nelle politiche di programmazione dello sviluppo di matrice comunitaria. Mentre un secondo seminario nazionale in programma a Roma, in collaborazione con il ministero delle Infrastrutture, sarà dedicato alla rilettura critica e attualizzata di alcune interessanti esperienze del nostro recente passato, come il Progetto '80 che aveva saputo proporre la visione di un territorio al futuro come fertile spazio d'incontro tra urbanistica, economia e politica.

Anche sulla qualità dei progetti si sta lavorando da tempo. Su incarico della Direzione per l'Architettura e le Arti Contemporanee del Ministero per i Beni e le Attività Culturali si è contribuito alla organizzazione della Conferenza internazionale di Bologna sulla qualità dell'architettura nelle città e nel territorio europeo, nell'ambito del semestre di presidenza italiana della UE. La SIU ha curato in particolare due workshop preparatori a Roma e a Milano (all'ordine del giorno rispettivamente la qualità diffusa degli interventi urbani e la qualità delle nuove opere infrastrutturali), e ha collaborato alla messa a punto di INFRASCAPE, dieci indirizzi per la progettazione sostenibile delle infrastrutture nel paesaggio, che ha riscosso una grande attenzione da parte di numerosi rappresentanti degli altri Paesi europei presenti al Convegno.
Inoltre è ormai è prossima alla conclusione l'iniziativa di una "Medaglia d'oro per l'urbanistica e il paesaggio" su cui si stanno lavorando da tempo Mosè Ricci e Patrizia Gabellini, con una soluzione su cui si è trovato l'accordo con la Triennale di Milano e con la Direzione Generale per l'architettura e le arti contemporanee del ministero per i Beni e le Attività culturali. Infine, sempre sul tema della qualità dei progetti urbani la SIU sta organizzando un Convegno internazionale su iniziativa del Comune di Genova nell'ambito delle sue attività di città della cultura europea e del MIT.

Nel richiamare le principali attività in programma non possiamo trascurare la riflessione sulla riforma in atto del sistema di formazione universitaria, un tema decisivo per la SIU nata proprio come cerniera tra mondo accademico e mondo professionale. Anche questo tema verrà riguardato sotto il profilo della nostra capacità d'innovazione in sintonia con i processi di mutamento del contesto. Facendo seguito al seminario di Genova dell'anno precedente, riproporremo a Pescara in primavera l'occasione per valutare congiuntamente le sperimentazioni in corso presso le diverse università. Il quadro come è noto è in forte movimento, e si stanno manifestando ora tutte quelle potenzialità ma anche quelle contraddizioni e rischi che avevamo lucidamente prefigurato alla nascita della nostra stessa Società.
Ora non è più sufficiente osservare e discutere. Occorre impegnarci attivamente nella autovalutazione delle nostre attività prima che altri lo facciano dall'esterno, come sta per accadere con le incombenti procedure di valutazione delle "eccellenze" (e quindi dei finanziamenti) dei singoli atenei concertate recentemente dalla Conferenza dei Rettori e dal ministro Moratti. Almeno questa è l'ipotesi che vorremmo presentare a Pescara, quando saremo chiamati a discutere delle tendenze di riposizionamento delle nostre discipline all'interno dei nuovi percorsi formativi offerti ai diversi livelli, dalle lauree triennali ai masters. Come si vede, il calendario è fitto di impegni e di responsabilità per tutti noi. L'augurio che ci facciamo è che le attività crescano ancora, e che i nostri iscritti si sentano sollecitati ad essere sempre più protagonisti in prima persona delle iniziative in programma.

Riferimenti bibliografici
Arjun Appadurai, Modernità in polvere, Meltemi, Roma, 2001 Z
Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Laterza, Roma-Bari, 2002
Arnaldo Bagnasco, Società fuori squadra, Mulino, Bologna, 2003
Ulrich Beck, L'era dell' e, Asterios, Trieste, 2001
Manuel Castells, La nascita della società in rete, Università Bocconi, Milano 2002
Alberto Clementi, "Progetti contemporanei tra consenso e conflitto", in Gomorra, n.4, 2002
Alberto Clementi, "Tra competitività e coesione.Orientamenti per le politiche del territorio italiane", in Terrritorio, n.26, 2003
Arjen Mulders, Transurbanism, NAI Publishers, Rotterdam, 2002
Pierre Veltz, Mondialisation, villes et territoires: une économie d'archipel, PUF, Paris, 1996
Pierre Veltz, Des lieux & des liens, Aube, 2002

Bookmark the permalink.